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Gli altri birrifici in Sardegna
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Le nazioni della birra
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Birrificio Barley
Microbirrificio di Nicola Perra, che ha iniziato oltre 6 anni fa come homebrewer e dopo più di 2 anni di studi, preventivi, progetti e 7 mesi di lavori per mettere sù il capannone e tutto il resto, con grande emozione Nicola può ammirare le bottiglie della prima cotta rifermentate, etichettate e al "sicuro" nella cella frigo. Chi si dovesse trovare nelle vicinanze di Cagliari (da cui dista circa un quarto d'ora d'auto) e volesse passare a fargli visita, non esiti, basta chiamare il numero che trova nella scheda. La produzione vede la "Friska" la Blanche "my way" (forse l'unica abbastanza fedele ad uno stile di riconosciuto), la "Sella del Diavolo" la Bire De Garde "my way" e la "Toccadib" la triple "my way". Nei primi giorni verrà fatta una cotta della "BB-10" con sapa (mosto d'uva cotto) di "Cannonau" delle vigne locali. Posizione Geografica
Nicola Perra
descrive la sua BB10 alla serata dedicata a Roma a Garrett Oliver
- 11 Maggio 2009
Prima parte dell'intervista
Seconda parte dell'intervista Intervista realizzata nel mese di Febbraio 2009 presso il Birrificio Barley
Nicola Perra a lavoro [la foto è del sito www.hbsardi.it] Risponde alla nostra intervista Nicola Perra (nella foto sopra) Se vi siete recati in passato a Pianeta Birra (Rimini), che opinione vi siete fatti dell'evoluzione di questo appuntamento. Secondo il tuo parere, l'evoluzione che ha raggiunto, va nella direzione di una concreta diffusione della cultura birraria o si sta sempre più appiattendo verso i grandi colossi multinazionali? Sono stato a Pianeta Birra solo quest’anno. Non conosco l’evoluzione che, negli ultimi anni, ha avuto questo evento, ma l’impressione che mi sono fatto è che i grossi gruppi birrari fanno di tutto per attirare l’attenzione, come in qualunque altra manifestazione fieristica, ma tralasciando del tutto la divulgazione della cultura birraria. Per fortuna in Fiera sono presenti anche birrifici artigianali che alla cultura birraria dedicano tempo ed energie, anche presenziando ad iniziative, incontri e dibattiti promossi dalla Unionbirrai (e non solo). Non penso che si stia andando verso un appiattimento del gusto, ma piuttosto verso una ricerca di sapori nuovi e questa tendenza sta prendendo piede anche tra chi la birra l’ha sempre vista come la bevanda chiara,amara, gasata,quasi priva di sapori e aromi e da bere ghiacciata (quasi solo in estate), magari in abbinamento solo ad un panino o una pizza. Conoscete eventi tipo il Salone del Gusto (ogni due anni a Torino), Cheese (ogni due anni a Bra (CN)), Expogusto a Milano? Avete intenzione di parteciparvi come espositori nei prossimi anni? Sono stato al Salone del Gusto nel 2004 e, come volontario, ho lavorato nello stand della Unionbirrai, prendendo visione del panorama di clientela con la quale si trovano a confrontarsi le birre artigianali italiane. Per come fu organizzata in quell’anno, la trovai una kermesse molto interessante, non solo per me, ma anche per chi assaggiava per la prima volta una birra artigianale. L’Expo dei Sapori è una via di mezzo tra Pianeta Birra e il Salone del Gusto, ossia un po’ Fiera e un po’ promozione-divulgazione Come è nata in Lei la passione per la birra? Ho sempre avuto la passione per le birre: ero appena 18-enne quando andavo al “Merlo”, storica birroteca in pieno centro a Cagliari, per bere le “birre strane”, come le chiamavamo allora. Da allora conobbi le birre artigianali belghe rifermentate in bottiglia che, per me, furono quelle che poi aprirono in me la strada verso una ricerca continua di nuovi orizzonti del gusto in campo birrario. Quando poi, tramite internet, scoprii circa 6 anni fa che era possibile acquistare gli ingredienti per fare la birra in casa, è chiaro che tale passione esplose anche in altre direzioni, al punto che un paio di anni fa decisi di trasformare quello che era “solo” un meraviglioso hobby, in una vera e propria attività a tempo pieno. Si è mai pentito di aver aperto un microbirrificio? Io e il mio socio Isidoro Mascia abbiamo appena aperto, ma senza falsa retorica posso dire di aver realizzato il mio “sogno nel cassetto”. Per cui non c’è spazio per pentimenti! In che modo proponete le vostre birre? Ovvero la distribuite nel vostro locale o la fornite ad altri gestori della zona? Prima di aprire abbiamo fatto molta promozione presso ristoranti e pub e tramite eventi organizzati dalla Slow Food e quanto altro, con le birre che poi avremo in produzione fissa tutto l’anno. La vendita è effettuata sia al dettaglio nel birrificio (compatibilmente con gli impegni di produzione) , che presso i locali sopra menzionati. Nel caso in cui lei distribuisse le sue birre in altri locali, vi preoccupate di realizzare dei corsi di formazione per coloro che poi distribuiscono la vostra birra nei locali, ovvero vi preoccupate del mondo col quale la spillano, la conservano, la servono ai tavoli, e quindi temperatura di servizio e gestione dei bicchieri? Ogni volta che sono andato a far assaggiare le 3 bottiglie campione ai gestori dei locali, ho ricevuto sempre un notevole consenso, anche perché parlando delle mie birre, spiego loro che è possibile fare abbinamenti con i cibi esattamente come con i vini (a volte anche meglio). Per cui, è come se aspettassero una proposta come questa. Inoltre, ai gestori nostri clienti forniamo i bicchieri del nostro birrificio (scelti ad hoc per le nostre birre), dando indicazioni sulle modalità di conservazione e servizio dei nostri prodotti. Può parlarci di qualche abbinamento gastronomico che proponete nel vostro Brewpub, e soprattutto come nasce un abbinamento gastronomico con le vostre birre? (Nel caso in cui lei non abbia un locale con annessa cucina, come consiglierebbe di abbinare le sue birre ai piatti gastronomici?) Noi proponiamo tutto l’anno 3 tipologie di birre e altre 2 “stagionali” (inverno e primavera-estate): la “Friska”, una mia interpretazione della “Blanche”, diciamo l’unica che si possa ascrivere ad uno stile di riferimento; la “Sella del Diavolo”, rossa, corposa sui 6.5°alc. dal taglio che ricorda le “Bière De Garde” franco-belghe, ma che poi si stacca da questo stile per la decisa luppolatura un po’ anglofila. E infine la “Toccadibò”, partita da un’idea di “Triple” alla belga, ma rivisitata a modo mio con un taglio decisamente fruttato e chiusura bella secca che la rende pericolosamente beverina, alla faccia dei suoi 8.5°alc.! La Friska del Birrificio Barley Quale delle sue birre incontra il maggior riscontro del pubblico? Dato che siamo in partenza è difficile dirlo, ma in base a ciò che ho visto facendo promozione, specie nelle serate di degustazioni “pubbliche”, posso con certezza affermare che non ne ho la più pallida idea…per ora. Finora è stato molto positivo su tutte le tipologie, ma ho notato una leggera preferenza da parte del pubblico femminile sulla Toccadibò, nonostante la gradazione alcolica elevata. La Toccadibò e la BB10 del Birrificio Barley In Italia ci sono oltre un centinaio di microbirrerie e brewpub. Il fenomeno è sicuramente in crescita, ed è probabilmente un segnale di malessere nei confronti dell'appiattimento del gusto di alcune birre industriali. Il trend che si sta assestando è di per sé positivo, ma secondo il suo parere, verso quale crescita (non soltanto economica) si sta giungendo? Sono sempre più numerose le persone che provano interesse per sapori nuovi e per un nuovo modo di interpretare il mondo delle birre. Quello dei birrifici artigianali è un trend in crescita, ma come in tutti i settori produttivi soggetti a questa ventata di novità (almeno per l’Italia), ci sarà senz’altro una sorta di assestamento sul numero di microbirrifici e brewpub e a quel punto credo che reggeranno solo quelli basati su una metodica di lavoro rigorosa, che terranno un livello qualitativo elevato nella propria produzione e che, nel contempo, lasceranno abbondante spazio alla creatività nell’elaborazione dei loro prodotti. La Sella del Diavolo del Birrificio Barley Sa che il nostro portale si preoccupa di informare i suoi lettori dei benefici che questa bevanda possiede. E non ci riferiamo solo al basso contenuto calorico, ma anche alle ricerche di settore, che ne segnalerebbe delle virtù molto interessanti. Faccio anche a Lei una domanda a cui teniamo. In Spagna, che attualmente ha un consumo maggiore dell'Italia, è stato creato un Centro di Informazione Birra e Salute. Secondo Lei sarebbe possibile investire in tal senso anche in Italia, ovvero rendendo i consumatori molto più consapevole degli effetti benefici che ha questa bevanda, mettendo in risalto anche l'aspetto del consumo moderato e consapevole? Le birre vanno viste, secondo me, come bevande socializzanti, di aggregazione o anche di meditazione (per alcune tipologie). E’ importante non dimenticare mai che, essendo una bevanda alcolica, non bisogna abusarne. L’unico investimento che si potrebbe fare in tal senso è sull’informazione dei pro e contro che l’uso e l’abuso di alcool può dare, indipendentemente dal fatto che si parli di birra, vino, distillati e quant’altro ancora. Quanto importante considera lo studio del bicchiere in cui versare la birra, ovvero la scelta del bicchiere corretto per esaltare le qualità la sua bevanda? Direi quasi fondamentale per valorizzare al meglio le birre, o almeno quelle birre che hanno qualcosa da offrire in termini di aromi, sapori e quindi anche di emozioni. Noi abbiamo investito in questo, come dicevo prima, in quanto crediamo che il bicchiere faccia parte di un discorso di corretta divulgazione birraria. Anche in questi dettagli non si può fare affidamento sull’eventuale improvvisazione dei gestori, almeno tra quelli che non abbiano una preparazione adeguata sul mondo delle birre. Ha in mente per il futuro prossimo qualche nuova creazione, o qualche specialità, che vuole anticiparci? Quella che sto per mettere in atto è una cotta che prevede l’uso, in aggiunta ad una lunga serie di malti, di mosto di uva “Cannonau” di una nostra vigna. E’ il risultato di una sperimentazione di alcuni anni, fatta anche con altri uvaggi della nostra Isola, ma il più emozionante finora è stato il Cannonau, in quanto più caratterizzante di altri sul risultato finale. Cosa ne pensa del mondo birrario artigianale, ovvero del modo col quale si sta procedendo, le scelte che si sono fatte in passato e se ha delle proposte per rendere i consumatori più consapevoli delle differenze radicali che esistono tra birra industriale e artigianale. Nel mio piccolo, come semplice homebrewer, ho sempre fatto divulgazione birraria e continuerò a farne anche tramite il Birrificio Barley, sempre conscio del fatto che è una strada lunga e non priva di ostacoli, ma sicuramente da intraprendere con fiducia e correttezza. “Artigianale” non è però sinonimo di qualità sempre e comunque, ma solo nel caso in cui chi fa birra artigianale non veda in questo una via di facile e veloce guadagno (perchè non è affatto così), tralasciando la qualità e la cura del prodotto. Una proposta che mi sento di avanzare è quella della “filiera del freddo”. A mio avviso è inutile fare ottime birre non pastorizzate se poi non si è certi che la stessa qualità rimanga inalterata fino a che la birra non arrivi nel bicchiere del cliente. L’unico metodo che dia al produttore e al gestore di locale (ristorante, pub o beer-shop che sia) questa garanzia è la corretta gestione delle temperature di conservazione di una bevanda tanto delicata. Secondo me si dovebbe battere di più su questo tasto per sensibilizzare tutti gli operatori del settore della birra artigianale, magari cercando di “fare sistema” proprio a partire dai microbirrifici (ben venga quindi l’intervento della Unionbirrai); a quel punto sono quasi convinto che i distributori non potranno rimanere insensibili di fronte ad un’esigenza che accomuna, ormai, almeno un centinaio di imprese artigianali birrarie. Nicola Perra Ottobre 2006 |
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