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Prezzi, in aumento la birra per l'1,2%

Prezzi alimentari in crescita a marzo e conseguente possibile aumento dell’inflazione del settore al 2,7%. E’ quanto prevede l’Osservatorio “Prezzi e Mercati” di Indis, Istituto dell’Unioncamere specializzato nella distribuzione e nei servizi, al quale partecipano sia gli operatori delle diverse filiere che i rappresentanti delle istituzioni, sulla base delle rilevazioni sui prezzi pagati dalle Centrali d’acquisto della Distribuzione organizzata. I dati di previsione sottolineano l’acuirsi di alcune tensioni già emerse in apertura d’anno: è il caso del riso, per il quale tra febbraio e marzo è previsto un rincaro del 3,5%, e degli oli d’oliva ed extra-vergine, previsti in crescita del 7,5%. Nel caso questo aumento si verificasse, i rincari su base annua degli oli raggiungerebbero il +24%. In realtà, un diffuso fermento interessa anche altre filiere: tra i derivati del latte sono attesi rincari del 2% per il latte, lo yogurt, lo stracchino e il provolone; nello scatolame si anticipano aumenti del 2,5% per lo zucchero, del 2% per gli ortaggi e il pesce surgelati; infine, tra le bevande, gli operatori attendono aumenti del 2,1% sull’acqua minerale e dell’1,2% per la birra.
Qualora le anticipazioni raccolte dovessero tradursi in consuntivi l’inflazione alla produzione alimentare si confermerebbe a marzo al 2,7%, il valore più elevato dal luglio del 2004. I dati segnalano, insomma, un recupero dei prezzi alla produzione del settore alimentare che chiude un periodo di forte moderazione inaugurato nella seconda metà del 2004. Nel 2006 sembra dunque difficile che l’alimentare possa continuare a giocare quel ruolo di calmiere dell’inflazione al consumo così come è stato nel 2005. Il recupero dei prezzi è coerente con il buon andamento della produzione alimentare. Nel 2005, infatti, la produzione dell’industria alimentare è cresciuta, a parità di giornate lavorative, dell’1,7%: un dato in controtendenza rispetto al calo della produzione industriale italiana, scesa nel complesso dello 0,8%. Il buon andamento della produzione alimentare è spiegato dall’aumento dei consumi alimentari, dopo i cali emersi nel 2004, e della tenuta dell’export. Sono dati che sembrerebbero smentire la tesi dell’affacciarsi di nuovi modelli di consumo e di un declino strutturale dei consumi alimentari. L’interpretazione più convincente rimane quella di una temporanea compressione dei consumi in risposta ai forti rincari del triennio 2001-2003. Specularmente, è plausibile ritenere che il rilancio della produzione e dei consumi di generi alimentari dell’ultimo anno sia il frutto della moderazione dei prezzi alla produzione e al consumo.
La storia dell’ultimo anno insegna che la leva per superare la fase di empasse dei consumi alimentari è stata quella del prezzo. In questi anni si è probabilmente affermato un nuovo paradigma di consumatore più attento al prezzo e disposto a ridurre le quantità piuttosto che a sacrificare la qualità. In questi mesi il recupero dei prezzi sembra mirato a verificare la tenuta dei consumi, in vista di un recupero dei margini aziendali erosi dai rincari delle materie prime e dall’intensità della politica promozionale. Il 2006 si è aperto senza grossi scossoni per i prezzi al consumo. A febbraio l’Istat ha diagnosticato un’inflazione al 2,2%. La recente risalita dell’inflazione è originata dall’aumento dei prodotti energetici: carburanti da autotrazione e tariffe dell’energia elettrica e del gas. Al netto dell’energia, l’inflazione rimane molto contenuta, all’1,6%; la moderazione è favorita soprattutto dalla discesa dell’inflazione nei servizi di trasporto, passata all’1,8% rispetto al 4,7% medio del 2005, e dal rallentamento dei prezzi degli alberghi, ristoranti e pubblici esercizi, rincarati nell’ultimo anno del 2,6%.
Qualche iniziale segnale di ripresa si osserva sui prezzi dei generi alimentari, dove l’inflazione è salita verso l’1%, dallo 0,1% medio del 2005. Il recupero dell’inflazione alimentare è spiegato da tre concause: la fine dei ribassi dei prezzi del fresco ortofrutticolo, i rincari del fresco ittico (+3,4% negli ultimi dodici mesi) e qualche aumento dei prezzi nell’alimentare confezionato, in particolare gli oli extra-vergine (+6% negli ultimi dodici mesi) e d’oliva (+8% negli ultimi dodici mesi).
Nel mercato dei beni non alimentari, dove l’inflazione nel complesso è all’1,1%, si segnala solo la ripresa dei prezzi del comparto “auto”, rincarati nell’ultimo anno del 2,3%.
Negli ultimi dodici mesi i dati delle centrali d’acquisto segnalano rincari sulla media delle 39 merceologie monitorate dal paniere Unioncamere del 2,7%.
Forti tensioni sono documentate sulla filiera degli “oli e grassi”: i prezzi alla produzione dell’olio extra-vergine e dell’olio d’oliva sono aumentati negli ultimi dodici mesi del 16%. All’origine, secondo le rilevazioni di fonte Ismea, i rincari su base annua superano il 60%. Le tensioni sugli oli hanno radice nella riduzione della produzione italiana e nella seconda annata di forte riduzione dell’offerta spagnola, oltre che nell’introduzione di standard di qualità più elevati, come quelli in materia di grado massimo di acidità.
Segnali di tensione si rilevano anche per i prezzi della carne bovina: il bovino adulto aumenta negli ultimi dodici mesi del 12%; in contro tendenza la carne di pollo fresco, diminuita del 8%. Questi andamenti sono da leggere alla luce della sostituzione tra carni bovine e avicole, seguita all’ondata di panico dopo la scoperta dei casi di volatili selvatici affetti da influenza aviaria nel nostro paese. Peraltro, vale la pena di rilevare la forte crescita dell’esportazione delle nostre carni avicole (in specie in Inghilterra) che, a parte il prezzo, sono considerate molto sicure tenuto conto del controllo di filiera da tempo vigente nel nostro paese.
Rincari anche per il riso, aumentato negli ultimi dodici mesi del 5%, sia per il buon andamento dei consumi interni sia per la ridotta disponibilità di prodotto a causa della riduzione delle superfici seminate.

Fonte www.agopress.info

Marzo 2006

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