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Orzo e
lievito, la birra me la faccio da sola
Da Milano a Pisa tre laureate in agraria per impiantare un birrificio
artigianale che punta a originalità e qualità (c'è anche al farro biologico
della Garfagnana). Tre amiche hanno lasciato Milano e si sono trasferite in
provincia di Pisa, ma qui, invece che il solito agriturismo, hanno
impiantato un birrificio. E’ quello che è avvenuto a Micaela De Vita, Rosa
Gravina e Serena Bacillieri, coetanee (31 anni) e tutte e tre laureate in
agraria, che nel 2003 hanno aperto a Bientina il “Birrifico artigianale”,
una picola azienda cooperativa dove si producono circa 50mila litri l’anno
di birra pregiata. Qualcuno, a Milano, aveva messo in guardia: «Non ce la
farete mai», e invece nel maggio 2003 è iniziata l’attività di
fermentazione. Un investimento di circa 250mila euro, che ha però potuto
contare, almeno in parte, sugli aiuti a fondo perduto della Comunità Europea
per l’imprenditoria femminile, e su un mutuo agevolato, sempre grazie ai
fondi europei erogati attraverso la Regione. Ma l’aiuto più robusto,
soprattutto sul fronte delle garanzie necessarie per ottenere i crediti, è
arrivato da genitori e familiari. «Devo purtoppo notare - aggiunge Micaela
De Vita - che senza queste garanzie, oltretutto anche cospicue, noi come
trentenni non avremmo trovato nessun ascolto dalle banche». L’idea di
mettersi a fare birra è venuta da Rosa Gravina, che dopo essersi laureata in
scienze e tecnologie dell’alimentazione con una tesi sulla produzione della
birra, nel 1996 la birra è andata a farla con le sue mani nel birrificio “Lambrate”,
il primo di questo genere a Milano. E quando il gruppo delle sue amiche e
degli altri amici che si frequentavano sin dai tempi dell’università pensava
al modo di poter svolgere un’attività tutti insieme, Rosa ha appunto
lanciato l’idea della birra. Poi la scelta di venire in Toscana, nel Pisano,
anche perché il nonno di Giuseppe Granello, uno dei sodali, aveva lavorato
alla Piaggio e conosceva la zona. «Poi - spiega Gravina - Pisa aveva le
caratteristiche giuste per noi, sia come dimensioni della città che come
bacino di utenza per impiantare un’azienda del genere».
Birre per tutte le stagioni.
Le specialità prodotte nell’azienda di Bientina hanno nomi che richiamano il
territorio: “Valdera rossa”, “Gorgona strong ale”, ma anche la “Martesana”
dal nome di un naviglio milanese.
Oltre a queste che sono la base della produzione, il Birrificio artigianale
ha iniziato a lavorare con le birre stagionali.
Così sono nate quella al miele di San Gimignano, al farro biologico della
Garfagnana e, novità di quest’inverno, la birra al cioccolato elaborata
insieme al celebre cioccolatiere pisano De Bondt.
Nicchia è bello.
Si tratta di una produzione di nicchia, specie se paragonata ai volumi
enormi delle grandi birrerie industriali, ma che gode di buona salute e che
ha visto una crescita dei volumi di produzione del 20% solo nei primi mesi
di quest’anno.
La birra prodotta dalle tre socie nell’azienda di Bientina viene
commercializzata soprattutto attravverso il pub “Orzo bruno” di Pisa, dove
lavorano Davide Meani, marito di Rosa Gravina, Alessio Pontiggia, sposato
con Serena Bacillieri, e il comune amico Giuseppe Granello, anche loro
milanesi ed esperti agronomi.
Ma negli ultimi tempi, nonostante la difficoltà di farsi largo in un mercato
dominato dai grandi marchi, le birraie pisane sono riuscite a farsi
conoscere in altri pub e locali della Toscana, anche attraverso il circuito
Arci Gola-Slow Food, tanto che il birrificio di Bientina, che al momento
produce solo birra non filtrata né pastorizzata in barili, ha iniziato a
testare una produzione di birra in bottiglia (sullo stile della birra
d’abbazia belga) per una sua possibile commercializzazione.
Ingredienti al top.
«Noi vendiamo la qualità del prodotto, non la sua immagine», sentenzia
decisa Rosa Gravina, mastro birraio della compagnia.
E per far questo è necessario ricorrere agli ingredienti migliori: il malto,
(orzo bloccato nella germinazione e tostato), viene, a seconda del tipo di
birra che si vuol produrre, da Germania, Belgio ed Inghilterra, e lo stesso
avviene con il luppolo e i lieviti. «In Italia al momento i maltifici
lavorano solo producendo malti di tipo industriale, e solo adesso un’azienda
di Melfi ha iniziato una produzione destinata ai piccoli birrifici di alta
qualità» - spiega Rosa Gravina. In questo modo, dopo un lungo processo di
lavorazione che dura circa un mese, e che viene seguito passo passo durante
tutte le sue fasi, si ottiene una birra decisamente diversa, sia
nell’aspetto che nel gusto, dalle grandi produzioni industriali, insomma,
una sorta di “grand cru” della birra. Un prodotto che però rimane in linea
come prezzo con le più note marche industriali, e viene venduto a circa 3
euro il litro. fa un certo effetto pensare che si fermenti una gran birra in
una terra, la Toscana, dove si producono alcuni tra i più grandi vini del
mondo. «Noi non ci sentiamo in concorrenza col vino toscano - conclude
Gravina - anzi pensiamo che la nostra birra rappresenti un’altra faccia
della stessa filosofia, quella del buon bere».
Fonte Greenplanet
Ottobre 2005 |