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Piccoli e artigianali i birrifici italiani
hanno fatto boom
È una nicchia, ma in forte crescita, anche di qualità
Sarà pur vero che chi beve birra campa cent’anni. Ma anche chi la produce
non se la passa tanto male. Lo dicono gli industriali di Assobirra, secondo
i quali nel 2011 hanno scoperto la birra sette milioni di neo consumatori
italiani.
E lo dice la straordinaria vivacità con cui sono cresciuti i microbirrifici,
raggiungendo vette quantitative e qualitative da far invidia anche ai
celebri monaci trappisti del Belgio. Basti pensare che, se nel 1996 i
birrifici artigianali attivi nel nostro paese erano solo sette, nel 2012
sono diventati 450.
Di questi, 227 sono recensiti nella nuova «Guida alle Birre d’Italia 2013»
edita da Slow Food che sarà presentata domani alla manifestazione romana
Vinòforum, sul Lungotevere. Una scelta per nulla fuori campo, se è vero che
ormai la birra ha raggiunto il vino nell’immaginario degli italiani. «Easy,
versatile e democratica, la birra è insostituibile come i jeans», dice il
presidente di Ispo Renato Mannheimer, che da 15 anni studia per Assobirra
l’evoluzione dei consumi di chiare, rosse e scure. Lo è soprattutto per i
più giovani: nella fascia dai 16 ai 44 anni, la birra è la bevanda
preferita, mentre il vino è il prescelto dagli over 45. Ma come per i
bianchi e i rossi, anche per le chiare e le scure c’è grande differenza tra
le produzioni più semplici e quelle più complesse e articolate.
Così, se da un lato i consumi in generale stanno reggendo di fronte alla
crisi, dall’altro in Italia si è assistito in pochi anni all’emergere di
un’inarrestabile «nouvelle vague» della birra artigianale. In termini di
volume, si tratta di una nicchia: poco più del 2% dei 17,2 milioni di
ettolitri consumati in un anno. Ma l’originalità e la qualità di questa
produzione ha conquistato i menu di ristoranti e wine bar, stupito anche gli
estimatori stranieri più preparati. «A livello internazionale, oggi l’Italia
è vista come il secondo produttore più interessante della nuova era, dopo
gli Stati Uniti» dice Luca Giaccone, curatore della Guida di Slow Food
insieme con Eugenio Signoroni. «I nostri birrai fanno incetta di medaglie
alla World Beer Cup, all’European Beer Star e al Mondial de la Bière, dove
fino a pochi anni fa non erano neppure ammessi».
Come è arrivato il successo? «Inizialmente, hanno catturato l’attenzione con
l’originalità e la fantasia, proponendo birre alle castagne, utilizzando
cereali inusuali come il farro e il kamut, contaminandosi con il mondo del
vino fino all’uso della barrique e legandosi strettamente al territorio». Ma
ormai si è passati dalla curiosità al rispetto vero e proprio. «Oggi c’è una
tendenza a semplificare, a cimentarsi nei settori più canonici». E i
risultati sono entusiasmanti: il sito americano RateBeer ha decretato che la
miglior Classic German Pilsener 2012 è una birra nostrana, la Tipopils del
Birrificio Italiano.
Ma 10 euro per un litro di birra artigianale, contro 1,5 euro di quella
industriale, non sono troppi? «No, perché si tratta di aziende giovani e
piccole, che devono sostenere i costi degli investimenti, delle materie
prime e del processo di produzione - dice Giaccone -. Quando il mercato sarà
più maturo, ci saranno i margini per abbassare un po’ i prezzi».
Fonte
La Stampa
Luglio 2012
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