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Nella
mia birra c’è il sapore della Vallata
«CREDO che l’importanza di avere
un’azienda non risieda nel profitto, ma nei valori che essa rappresenta e
nell’amore per il mio territorio». Non ha dubbi Monia Rontini,
rappresentante e proprietaria, assieme al padre, dell’azienda agricola di
Castel Del Rio ‘Il Regno del marrone’. Qui il prezioso prodotto
dell’Appennino, Igp dal 1985, è di casa e viene lavorato e trasformato in
farina, confetture, marroni secchi e birra. L’azienda alidosiana, dunque,
valorizza un prodotto di importanza vitale per queste zone. Non a caso un
tempo il castagno era chiamato l’albero del pane, costituendo il cibo
quotidiano della popolazione povera. Ma non solo. Nel 1600, infatti, il Doge
di Venezia richiedeva espressamente il marrone di Castel Del Rio. Qui si
preparava la farina, dalle importanti proprietà nutrizionali, che poi veniva
pressata e conservata così tutto l’anno, centellinata tutti i giorni.
TORNANDO ad oggi, Monia racconta perché ha deciso di portare avanti la
tradizione di casa. «Da generazioni la mia famiglia lavora nei castagneti —
racconta Monia — rispettando il più possibile l’ambiente e puntando su una
coltivazione biologica. Abbiamo 50 ettari di castagneti e per la pulizia del
terreno, ci avvaliamo anche di un gregge di pecore che mangiando elimina le
erbe del sottobosco. E’ un modo per utilizzare dei fertilizzanti naturali».
Fra le specialità dell’azienda vi sono i marroni secchi, «lasciati in un
essiccatoio con stufa a legna di castagno portata in inizio primavera dallo
scarto delle potature, sempre per non incidere troppo sull’ambiente —
continua Monia — . Abbiamo anche una confettura, con rum e cacao, e la
farina di marroni. Da alcuni anni abbiamo introdotto anche la birra
artigianale di marrone: è una doppio malto non filtrata e non pastorizzata
con un retrogusto di marrone. Un prodotto insolito, ma ottimo». Arrivando
alla vendita, «per lo più lavoriamo al mercato ortofrutticolo di Bologna,
con i negozianti e vendiamo marroni sfusi su richiesta. Partecipiamo a
diverse fiere, tra cui il Saana, la fiera del biologico di Bologna».
UNA SCELTA controcorrente quella di Monia, di cui però va fiera. «Mentre
molti se ne vanno, ho deciso di restare nella mia terra, anche se coltivare
i castagni non è facile. Una volta più persone erano impiegate nella
raccolta: gli sganciatori salivano sui castagni per potarli, mentre gli
sbattitori,impiegati a inizio ottobre, quando iniziavano a cadere i marroni,
sbattevano con le pertiche di canna i rami, anche in equilibrio sulla
pianta. I ricci abbattuti e rimasti chiusi venivano raccolti e radunati in
mucchi, le ricciaie; coperti con felci e foglie, venivano poi lasciati
macerare fino ai primi di novembre, quando venivano aperti. Queste pratiche
arrivarono fino al 1960; da lì in poi non si trovava più nessuno per fare
questo lavoro molto pericoloso e in cui molti persero la vita».
Fonte
Il Resto del Carlino
Febbraio 2011
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