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Guida Espresso Assobirra - Sì,
bevetela con il pesce
Adios. Chiuso. Archiviato. Divenuto reperto d'altra
epoca quello che solo pochi anni fa era certezza: che quando, cioè,
risuonava la frase: "Dai,
andiamo a farci una birretta",
a pronunciarla fosse rigorosamente un maschio, e tutta al maschile anche la
truppa destinataria dell'invito. Storia sepolta. Affacciatevi, vi restasse
un dubbio, alla porta di uno dei sempre più numerosi tempietti del settore,
il Ma
che siete venuti a fa' o l'Open di
Roma, i milanesi Aux
Vieux Strasbourg e Woodstock,
i sicilianiBon e Mezzaparola,
e buttate dentro un occhio.
Compagnie e allegria mistissime, seduzioni in corso, l'atmosfera dei locali
che sanno di fare tendenza. Con relativi
dibattiti banco-platea riguardo alla scelta "su misura" del
che cosa bere: se una fresca Blanche o una "nobile" rifermentata in
bottiglia, una "spina" rara o una solida certezza italica. E se a bere birra
sono uomini e donne, anche un altro luogo comune va sfatato: quello che
voleva la birra stravizio ufficiale dei rugbisti. Per carità, i campioni
della palla ovale bevono sempre volentieri birra, specie se anglosassoni. Ma
negli spot degli sponsor dei grandi tornei non sono più degli omoni da far
paura, ma dei ragazzoni che farebbero bella figura in un club.
Regina nei pub, la birra sta diventando protagonista rispettata anche nei
ristoranti da gourmet come innovativo pezzo di cultura del gusto,
complementare (occhio: non alternativo) a quello consolidato del vino.
È lì che l'hanno definitivamente intercettata le "Guide
de L'Espresso" dopo
un accostamento durato qualche anno e fatto di tappe successive, condotte in
partnership con AssoBirra. Prima la segnalazione con simbolo nella "Guida
Ristoranti" dei locali con buona proposta birraria; poi l'inserto sui
migliori indirizzi, con menu dedicati e premi.
Ora la "Guida", appena
sbarcata in libreria, riservata alle "Tavole
della Birra":
quasi mezzo migliaio di locali recensiti, ristoranti con carta e/o servizio
di birre ben sposate ai piatti, ma anche, in un percorso teso alla ricerca
della massima qualità d'informazione, i pub top e i più forniti "beer shop",
i negozi specializzati che si vanno moltiplicando in Italia. E a soffiare
non è il vento di una moda. Quel che avviene è il risultato di una doppia
crescita. Da un lato quella di una generazione di consumatori più avveduti,
esigenti e curiosi (una platea che il fattore birra sta contribuendo per
giunta a ringiovanire), refrattari ai vecchi cliché. Dall'altro, il
parallelo aumento di consapevolezza del settore.
Con i grandi
marchi attentissimi ai nuovi segnali e
fattisi distributori di fini realtà di nicchia; e con la moltiplicazione
tumultuosa di piccoli produttori autoctoni che lavorando su ingredienti
zonali hanno di fatto territorializzato il prodotto. Fino al concetto
recentissimo di "birra agricola", spuntato nelle Marche grazie a Copagri,
basato sulla produzione diretta di orzo per la maltazione (conferito poi a
un impianto sociale), che apre in teoria il campo a un futuribile filone:
quello dei "birragriturismo".
È questa disponibilità larga di opzioni, e la maturità del settore, così
simile a quella della ricerca gastronomica, sempre in bilico tra radici (e
prodotti base) e innovazione, oltre alla straordinaria flessibilità negli
abbinamenti, anche i più ostici, a convincere e conquistare i grandi chef
italiani.
Ecco allora Davide
Scabin progettare
addirittura una birra custom per il suo Combal.Zero; Ciccio
Sultano,
al Duomo di Ragusa, dopo lungo conclave d'assaggi con Angelo Di Stefano,
fidato uomo di sala, rilanciare una carta delle birre, e abbinamenti, che ha
conquistato subito grandi risultati; il corregionalePino
Cuttaia (La
Madia, a Licata) decidere di far debuttare le birre in tandem con la sua
cucina; Antonio
Di Mora,
sommelier del milanese Joia, esercitarsi tra lager bavaresi e nuovi classici
italiani sulle creazioni vegetariane di Pietro Leemann; Enrico
Bartolini
portare con sé nel nuovo locale, il Devero, la raffinata panoplia birraria
già valorizzata in Oltrepò; e
Ilario Vinciguerra aumentare
ancora il volume di fuoco e stili nel suo Restaurant di Galliate Lombardo,
in una carta eclettica e creativa che spazia dalla natìa Campania alla Cekia
e che, incrociata con la sua cucina, gli è valsa la conquista della palma di Tavola
della Birra dell'anno.
Dietro i nomi arcinoti c'è poi (sondato e raccontato per la prima volta
nella Guida) un universo
in vivacissimo movimento,
fatto di locali che dall'amore elettivo per le grandi birre hanno tratto
humus per una crescita e un rimodellamento dell'offerta di cucina, o per un
assestamento di stile dai risultati vistosi. Stanno di diritto in questa
schiera posti come l'abruzzeseMediterraneo,
i romani Settembrini e Giuda
Ballerino, gli emiliani Liuzzi,
Azzurra, La Palta, i liguri Baldin eOsteria
del Duca, il milanese Cavallaro,
gli umbri Trippini e Bastiglia,
i campani Kresios e Ottavo
Nano, i piemontesi Credenza e Magorabin e,
in primissimo piano per il cammino fatto e le energie spese per la causa
della cultura birraria, il veneto Nidaba.
Annota Piero Perron, che di Assobirra è il presidente: "Cinque
anni fa,
alla vigilia della collaborazione di AssoBirra con la "Guida de L'Espresso", era
impensabile,
se non tra pochi "illuminati", servire
la birra al ristorante.
Oggi è un must verso cui la domanda è in forte crescita, tanto che da un
paio di anni registriamo un "testa a testa" birra-vino nelle preferenze
degli italiani che vanno a mangiare fuori. Si è rotto un tabù. Con la nuova
"Guida" poi, possiamo dire di aver chiuso un ciclo e coronato un piccolo
sogno. Stiamo andando nella giusta direzione, il consumo della birra in
Italia è sempre più mediterraneo, connotato sull'assaggio e l'abbinamento.
Dunque, più consapevole e responsabile".
E che poggia, anche se la birra di qualità abbinata a menu golosi resta
ancora fenomeno di fascia
evoluta (in
decollo verticale però, più 148 per cento, quest'anno), su una base ampia e
solidissima: una platea di consumatori che valica di slancio quota 30
milioni, e per metà beve birra più di una volta alla settimana, stimolata da
un'offerta sempre più intrigante e variegata. E al cui interno è caduto
anche l'ultimo muro, quello che divideva ermeticamente i grandi produttori
di taglia internazionale dai cosiddetti "artigiani".
"Negli ultimi anni l'offerta da noi è decollata", spiega Perron: "Circa
1.500 etichette firmate da marchi storici e microbirrifici, un panorama
coloratissimo, un mondo che AssoBirra si propone di rappresentare in tutte
le sue sfumature. Dal 2009 abbiamo aperto le porte ai microbirrifici che,
pur costituendo una pagina recente nella storia della birra italiana, stanno
contribuendo in modo importante a promuovere la conoscenza del prodotto e
l'abbinamento al cibo. Un riposizionamento "alto", che è obiettivo comune a
chi in Italia fa birra".
Fonte
http://espresso.repubblica.it/food/dettaglio/si-bevetela-con-il-pesce/2138197
Novembre 2010
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