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Birra come prodotto agricolo: sperimentazioni in Bergamasca È ufficiale: da oggi anche la birra potrà essere classificata come prodotto agricolo, purché realizzata ovviamente in un’azienda agricola con cereali coltivati dalla stessa azienda. È quanto ha stabilito il nuovo decreto ministeriale 212/2010, che permette alle aziende agricole produttrici della materia prima – orzo e, in misura minore, anche mais - di creare una malteria o un birrificio aziendale e di considerare la produzione di questa bevanda attività agricole connesse e quindi soggette a tassazione più vantaggiosa, calcolata sulla base del reddito agrario. Positivi i primi commenti di Confagricoltura Bergamo. “Si tratta indubbiamente di un passo avanti sulla strada della multifunzionalità del settore primario – dichiara Renato Giavazzi, presidente di Confagricoltura Bergamo –. Si riconosce infatti, una volta di più, il ruolo importante della nostra agricoltura non solo come produttrice di materie prime, ma anche di prodotti alimentari finiti destinati alla vendita diretta e come erogatore di servizi di vario genere al pubblico dei consumatori”.In Bergamasca si coltivano attualmente oltre 2.500 ettari ad orzo, anche se questo non significa un’automatica disponibilità della materia prima necessaria per produrre birra. Per la produzione di birra, infatti, servono varietà specifiche di orzo selezionate per il malto che sono soprattutto a semina primaverile. Ad ogni modo, anche nella nostra provincia sono già in corso sperimentazioni su colture destinate alla produzione di birra, in particolare sotto la guida di tecnici dell’Istituto nazionale di Cerealicoltura. Oltre a malto e birra, il decreto prevede che anche grappa, pane e altri prodotti di panetteria freschi siano a tutti gli effetti attività “connesse a quella agricola”. Qual è la portata di questo cambiamento legislativo? “Il fatto che l’attività di trasformazione di materie prime agricole sia considerata come attività connessa all’agricoltura – spiega Giavazzi - porta innanzitutto all’azienda un vantaggio di natura fiscale: come agricoltore-trasformatore potrò operare nella filiera agroalimentare, producendo e vendendo formaggi, conserve e ora anche birra e pane, ma continuerò a versare esclusivamente le tasse che avrei pagato da semplice agricoltore, ovvero in base ad un regime agevolato”. Ovviamente questo beneficio non è illimitato. “L’agricoltore che voglia trasformare orzo in malto – esemplifica Giavazzi – è rigidamente tenuto al rispetto del cosiddetto principio della prevalenza: la materia prima trasformata dovrà essere di produzione dell’azienda agricola per più del cinquanta per cento: altrimenti tutti i benefici decadono automaticamente”. Ma per Confagricoltura Bergamo, al di là di questo vantaggio di carattere pratico, il punto importante è soprattutto un altro. “Finalmente - commenta l’associazione - è stato definito che per avere una birra, una grappa, un pane di qualità sono necessarie materie prime di qualità: si afferma un vero e proprio principio di complementarità tra produzione e trasformazione, che dà modo alle imprese agricole di ampliare l’offerta produttiva”. Per Confagricoltura si tratta di un provvedimento che proietta l’agricoltura in una visione nuova e che spinge le imprese settoriali ad impegnarsi in attività a valle della produzione agricola in senso stretto. “In questo modo – osserva Giavazzi – si recupera parte di quel valore aggiunto di cui molte aziende agricole non hanno mai beneficiato. In tempi di crisi, infatti, una delle strade preferenziali per la difesa dei profitti in agricoltura è rappresentata proprio dalla ricerca del valore aggiunto in una delle fasi della catena del valore successive a quelle della produzione pura e semplice. Non si tratta di produrre di più, bensì di aggiungere valore a ciò che già si produce.” Ottobre 2010 |
Ultimo Aggiornamento: 04/01/2016 11.19 |
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