Intervista alla Carlsberg Italia
Vi proponiamo un intervista a Erasmo Viola, Direttore
Marketing Carlsberg Italia realizzata da Nuccio Barletta per conto di
advertiser.it
Fiducia Cercasi!! Un vecchio Carosello, tanti anni
fa, proponeva un frizzante Johnny Dorelli, nel ruolo di testimonial, che
decantava le doti di un formaggio il cui nome, peraltro, evocava il nostro
paese. Concludeva dicendo che la fiducia è una cosa troppo importante per
affidarla a chiunque. E’ una riflessione che, oggi, stanno facendo milioni
di consumatori italiani alle prese con l’Euro. Ci hanno detto che
percepiamo un’inflazione che non è quella reale. Sarà anche vero, per
carità. Spesso le suggestioni collettive giocano brutti scherzi, ma i
conti non tornano ugualmente. Calano i consumi e le aziende ne prendono
atto senza allarmismi inutili. Anzi, varano strategie e azioni per
favorire il consumatore.
Rispetto al mercato che serviamo noi, farei una
distinzione. Nel senso che, a livello di canale retail, la contrazione dei
consumi si avverte meno. Anche perché, sul canale retail, il controllo dei
prezzi è maggiore. Diverse ricerche, commissionate dal mondo beverage in
generale, evidenziano che, invece, sul canale bar,ristoranti, pub etc,
l’incremento dei prezzi c’è stato ed è stato più che proporzionale
all’inflazione. Su questo canale, peraltro, noi non abbiamo la possibilità
di controllare il prezzo di una birra in un bar o in un pub. E’ un
comparto dove operiamo attraverso i concessionari. Un canale lungo quindi,
con diverse transazioni e il prezzo finale al consumo diventa difficile da
pilotare.
Insomma, una lievitazione dei prezzi c’è stata?
Vuoi l’introduzione dell’Euro o la mancanza di
controlli, a seconda di come ognuno vede la cosa, il fatto certo è che
l’incremento dei prezzi sul canale dei punti vendita finali c’è stato ed è
abbastanza chiaro.
Avete monitorato in qualche modo i consumi?
Sì, e sono diminuiti. Quanto questo sia dovuto alla mancanza di rotazione
o al semplice fatto che la gente ferquenti meno pub e bar non è facile da
stabilire. Stiamo parlando di 250 mila punti vendita sparsi su tutto il
territorio nazionale. Si tratta, purtroppo, di un canale distributivo
pochissimo analizzato. Le società di ricerche si stanno muovendo adesso.
La Nielsen prova a fare qualcosa con dei panel, ma sono molto piccoli,
rispetto a 250 mila punti vendita. Alla fine, il dato che si ricava dal
panel Nielsen, finisce per essere più qualitativo che quantitativo.
Comunque, la nostra certezza è che ci sia meno smercio, questo
sicuramente. Stabilire poi se le persone che frequentano questi punti
vendita siano sempre le stesse, ma consumano meno, oppure si tratta di una
vera e propria carenza di presenza sul punto vendita, questo è un po’
difficile capirlo adesso con i dati che abbiamo in nostro possesso. Devo
dire, anche, che tutto sommato la categoria birra, per quanto riguarda la
Distribuzione Organizzata, ha chiuso un anno sicuramente in crescita. Il
2003, al di là dell’ottima condizione stagionale, di cui ha beneficiato
tutto il beverage, non mi sentirei di dire che sul canale retail, le cose
siano andate male.
Insisterete con la comunicazione?
Sì, ma onestamente non per fronteggiare il deficit dei consumi che,
comunque, sulla GDO non c’è stato, ma per far crescere il valore dei
marchi. Una decisione strategica che avremmo assunto in ogni caso, anche
in assenza di una contingenza economica. Il mercato della comunicazione,
per quanto riguarda il segmento birra, è piuttosto piccolo, anche rispetto
al Largo Consumo. Ci sono poi tutti player importanti e le soglie
d’ingresso, per la comunicazione televisiva, sono piuttosto alte. Quelli
che investono sono tutti di un certo livello e questo vuol dire che, nel
periodo di massima stagionalità (da aprile a settembre) c’è un
affollamento importante. Occorre, quindi, non solo un investimento in
termini di quantità, ma soprattutto di qualità, per diversificare e uscire
dal coro.
Il consumatore si affida sempre alla marca?
Credo di sì. Parlo del canale “retail” dove la brand conta ancora
moltissimo. Anche se in maniera differente rispetto al passato. Il
consumatore comincia a valutare il rapporto prezzo-qualità. Non ha più la
fiducia cieca nella marca, ma cerca la convenienza sempre all’interno di
un discorso di marca. Sull’altro canale, invece, molti consumi sono legati
alla birra in fusti e quindi il consumatore fa un po’ fatica a capire che
birra stia bevendo. In genere, nei pub, nei bar, si chiede una birra
media, chiara o scura. Difficilmente, purtroppo, in questi locali, in
Italia, è possibile veicolare un forte messaggio di brand.