Il segreto della birra? Trentaquattro milioni di “funghi” capaci di produrne solo una pinta. Lo ha spiegato un produttore, Alex Bell, agli esperti del Royal Institute rivelando “chi” (o meglio “cosa”) si cela dietro il processo di fermentazione, per secoli rimasto ignoto. Nel 1860 fu Louis Pasteur che ne scoprì la causa individuandola in un microrganismo. Ma nessuno aveva ancora individuato come un intruglio a base di grano potesse trasformarsi “magicamente” in alcol. “La chiave è appunto produrre l’alcol” e responsabile di questo è un lievito che dall’orzo converte gli zuccheri in diossido di carbonio e fa così “frizzare” la birra e  la rende alcolica, dice Bell.

La bevanda originariamente era realizzata con il farro: era nota già ai tempi dei Babilonesi che la offrivano alle loro divinità. Furono poi in Belgio i monaci, ben cinquecento anni fa, ad aggiungere alla miscela il luppolo che le dà il suo tipico sapore amaro.
Come spiega Alex, in fase di produzione  essa viene lasciata per cinque giorni a fermentare con il fungo capace di darle un aroma e un sapore fruttato. Due sono le specie più “amate” dai birrai, la Saccharomyces cerevisiae, il microrganismo responsabile del tipo più comune di fermentazione, usato anche per la produzione del vino, e poi la Saccharomyces carlsbergensis, impiegata soprattutto per la birra chiara. Di esse esistono più di cinquecento varietà, ognuna capace di dare un  gusto diverso.

“Quello che differenzia una birra da un’altra non è solo il tipo di luppolo ma anche il lievito usato. Se lo si abbina alla stessa bevanda per un certo periodo di tempo ha un suo specifico carattere ed è capace di darle il suo ‘imprint’”, dice Alex. Il fungo è così un “ingrediente” fondamentale di quello che beviamo. Fondamentale soprattutto per i produttori di birra: tant’è che molti di loro mandano addirittura  il loro “lievito” in laboratorio per tenerlo in serbo in modo da poterlo ricoltivare.