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I grandi produttori di birra bloccano il mercato

In Svizzera il consumo medio di birra per abitante è di 58 litri all'anno, e i piccoli birrai denunciano i contratti esclusivi firmati dai grandi produttori e dai ristoranti, che sarebbero contrari alle regole del libero mercato. Per far luce su queste pratiche, la Commissione federale della concorrenza ha deciso di aprire un’inchiesta. “Questi contratti sono un vero e proprio scandalo”, si infiamma Jérôme Rebetez, responsabile della Brasserie des Franches-Montagnes, una birreria di Saignelégier nel Giura che produce birra artigianale dal 1997. “In teoria, ogni birraio dovrebbe poter vendere la sua birra a qualsiasi locale pubblico di ristorazione. Ma, in pratica, i grandi produttori bloccano il libero mercato con dei contratti speciali”, spiega Rebetez. Il cartello della birra è stato infatti soppresso in Svizzera nel 1991. Ma ancora oggi le grandi aziende del settore riescono a strappare dei contratti esclusivi a numerosi ristoranti. Denunciato dai piccoli birrai, questo fenomeno è al centro di un’inchiesta condotta dalla Commissione federale della concorrenza. L’apertura di una simile procedura è stata confermata a swissinfo da Patrick Ducrey, portavoce dell’autorità incaricata in Svizzera di sorvegliare il rispetto delle regole di concorrenza. 

Contratti “intelligenti”. Le condizioni fissate dai contratti variano di caso in caso, ma il principio rimane uguale, ammette Stefan Kaspar, portavoce di Feldschlösschen, il numero uno della birra in Svizzera. I grandi produttori (Feldschlösschen, Heineken, Eichhof, Kronenbourg) prestano soldi ai ristoratori che desiderano aprire un locale pubblico e che mancano di liquidità. Oppure mettono loro a disposizione del materiale. “In cambio, l’esercente si impegna a vendere soltanto i nostri prodotti”, spiega Stefan Kaspar. Restano soltanto da fissare il volume e la durata del contratto. I contratti concordati da Feldschlösschen concernono globalmente diverse centinaia di milioni di franchi, dichiara il portavoce del grande produttore, senza tuttavia fornire precisazioni. 
Mercato in mani straniere. “Un tempo i grandi produttori erano anche proprietari di numerosi immobili. Per assicurarsi la fedeltà degli esercenti, affittavano loro i locali in cui potevano aprire un ristorante”, ricorda Patrick Ducrey. “Oggi, si servono piuttosto del sistema dei prestiti o dell’acquisto di materiale in favore dei loro clienti. Dobbiamo quindi stabilire se queste pratiche sono legalmente accettabili”, aggiunge il portavoce della Commissione federale della concorrenza. Secondo Dominique Suchet, produttore della birra artigianale La Belle de Genève, non vi è dubbio: “Il cartello dei grandi birrai si è ricostituito sotto il controllo internazionale”. Tre dei quattro principali produttori di birra in Svizzera si trovano ormai in mani straniere: Feldschlösschen è stato assorbito dal danese Carlsberg, Calanda dall’olandese Heineken, mentre Kronenbourg si trova in mani francesi. Soltanto il terzo birraio svizzero, Eichhof, sfugge finora alla regola, ma dispone soltanto di una fetta pari al 10% del mercato.  
Ristoratori tranquilli. “Non obblighiamo nessuno a firmare un contratto con noi”, risponde Stefan Kaspar, a nome della Feldschlösschen. Anche l'Associazione svizzera dei birrai, che riunisce i maggiori produttori, difende questi contratti, ricordando che sono diffusi anche in altri paesi europei, come l'Olanda o la Germania. Se i piccoli birrai gridano allo scandalo, i ristoratori non sembrano molto preoccupati. Secondo Laurent Terlinchamp, presidente dell’Associazione dei ristoratori di Ginevra, questi contratti corrispondono ad un bisogno, dal momento che non è facile trovare i soldi per aprire un locale pubblico. La ristorazione è un settore a rischio per le banche. Molti esercenti devono quindi trovare altre fonti di credito, sottolinea Terlinchamp. “I grandi produttori aiutano un settore economico che ne ha bisogno”, gli fa eco Frédéric Haenni, presidente di Gastrovaud.

( Fonte Swiss Info )

 

Febbraio 2004

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