Notizia
Iscriviti alla newsletter
Pagine Gialle della Birra
L'indice degli argomenti
Come si spilla la birra?
Come si degusta una birra?
Dossier Birra e Salute
© 2002 - 2014 - Tutti i diritti sono riservati, è vietato copiare senza autorizzazione queste pagine.
info@mondobirra.org
L'indice delle notizie
|
La guerra
alcolica che spacca l'Europa, tra vino e birra è scontro sulla tassazione
La
"bionda" da una parte, il "rosso" dall'altra. Birra e vino dividono l'Europa
e non solo per questioni di gusto: sulla loro produzione, sui consumi e sui
costi si intrecciano alleanze e si mescolano conflitti. La divisione è quasi
geografica: Nord contro Sud. E vede impegnate da una parte la Germania, la
Repubblica Ceca e la Lituania , dall'altra l'Italia, la Francia, la Grecia.
Con la Spagna che sta nel mezzo perché forte produttrice e consumatrice di
entrambe e ben decisa a difendersi su tutti e due i fronti.
Il conflitto non è proprio diretto, non vi sono due partiti in competizione
frontale: la questione passa attraverso la materia fiscale e le quote di
produzione. Una direttiva della Ue del 1993 prevede infatti l'istituzione di
un'imposta sulla produzione di tutte le bevande alcoliche. Ma mentre per
quanto riguarda il vino, le accise non sono mai state applicate, per la
birra è stato fissato un limite minimo lasciando poi agli stati membri la
possibilità di intervenire ulteriormente.
Il che ha fatto sì che all'interno del mercato europeo si sia determinata
una frattura fra i paesi che hanno mantenuto la tassazione ai minimi (i
grandi produttori quali Germania, Repubblica Ceca, Spagna e Lituania) e
quelli che l'hanno invece corretta al rialzo (fra questi l'Italia). Ora la
Ue a presidenza finlandese ha deciso di armonizzare le accise al rialzo, ma
per la seconda volta in un mese i ministri Ecofin non sono riusciti a
trovare un accordo per via della forte opposizione della Repubblica Ceca che
non vuole accettare ulteriori "svantaggi della birra rispetto al vino".
La battaglia è in pieno
svolgimento e, guarda caso, va ad intrecciarsi con quella che si va aprendo
sul vino. Per quanto riguarda i "rossi" e i "bianchi" , infatti, la
Commissione europea ha intenzione di avviare una riduzione delle eccedenze
produttive tagliando le quote dei paesi fornitori. Se la proposta dovesse
essere messa in atto senza modifiche, per l'Italia - secondo una simulazione
di Nomisma - ciò si tradurrebbe nell'estirpazione di 400 mila ettari con
conseguente perdita di 70 mila occupati. Ipotesi che il ministro delle
Politiche agricole Paolo De Castro frena subito: "Sono convinto che gli
spazi di mediazione sulla questione siano molto ampi e che alla fine il
negoziato sia positivo per noi - dice - Abbiamo tempo: ci vorrà quasi un
anno di dibattito prima che il piano sia approvato e l'alleanza con Francia
e Spagna è fortissima".
I produttori non nascondono le preoccupazioni, anche perché - comunque sia -
il settore va riformato per far fronte alla concorrenza di Cina e Australia.
"La vecchia Europa, molto legata ai fattori culturali e sociali della
produzione, deve investire di più nella comunicazione per conquistare nuovi
mercati - dice Piero Mastrobernardino, presidente di Federvini - per fare
questo bisogna andare al di là della logica impostata dalla Commissione,
recuperare risorse combattendo gli sprechi delle filiere e investire nella
conquista di nuove zone d'esportazione". Paolo Bruni, presidente di
Fedagri-Confcooperative concorda: "Non si diventa competivi estirpando, ma
sostenendo le imprese che vogliono crescere all'estero" commenta.
Fortemente impegnata sul
vino, l'Italia non è in prima linea sulla birra anche perché, spiega Filippo
Terzaghi, direttore di Assobirra "scontiamo aliquote superiori alla media:
per un litro di 5 gradi versiamo circa 30 centesimi, l'aliquota minima ne
prevede meno di 15. Le accise si riversano sui prezzi e quindi sui consumi
che stanno diminuendo" anche se, precisa "comprendiamo le posizioni della
Repubblica Ceca e non pensiamo che sia giusto alzare la tassazione su un
prodotto popolare". Di fatto l'Italia sta appoggiando la birra della
Repubblica Ceca su un altro campo, a noi molto caro: quello della
denominazione doc, che vede Praga in lotta con gli Usa per la proprietà del
marchio Bud molto simile alla Budweiser americana. Ma la partita europea su
birra e vino fa i conti con una complicazione in più: lo schieramento dei
paesi del Nord. Visto il discreto tasso di alcoolismo i loro governi tendono
ad appoggiare qualsiasi manovra - fiscale, produttiva o di comunicazione -
che penalizzi la "bionda" e il "rosso". E il Commissario che si occupa della
materia è la danese Mariann Fischer Boel.
Fonte
Repubblica
Dicembre 2006
|