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Agli americani piacciono le 'bionde'. Italiane

Dopo Teo Musso e Agostino Arioli, pionieri dei microbirrifici artigianali, una nuova generazione di mastri birrai li segue alla conquista del mercato Usa

Matthias Neidhart e Lorenzo Dabove (Kuaska)

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Superata da tempo la fase pionieristica, i microbirrifici italiani vivono un momento di splendore e sono sbarcati negli Stati Uniti con i loro prodotti, sulla scia del successo ottenuto al “Great British beer festival” di Londra. I mastri birrai di casa nostra hanno dimostrato creatività e fantasia, doti che piacciono molto agli americani, amanti delle birre 'non solo luppolo'. Nel paese che ha segnato il rinascimento della birra riscoprendo quella artigianale, non filtrata e non pastorizzata, le nuove “bionde” made in Italy sono molto apprezzate per la spiccata personalità e l’originalità degli ingredienti.

I mastri birrai hanno saputo infatti reinterpretare la ricetta tradizionale (acqua, malto d’orzo, luppolo e lieviti), sperimentando frutta, spezie, erbe aromatiche e, al posto dell’orzo, una varietà di cereali e amidacei come grano, farro, segale, kamut e castagne. Birre sorprendenti, che per volere dell’importatore americano Matthias Neidhart della Beer United vengono portate in tournèe - alla stregua di star dello spettacolo – con tappe in Connecticut, a New York, Brooklyn, Baltimora e Washington. A presentarle agli appassionati americani è
Kuaska(nella foto) al secolo Lorenzo Dabove, direttore culturale di Unionbirrai, noto a livello internazionale come giudice storico del World Beer Cup e formatore di degustatori.
Una nuova generazione di birrai, che conta ormai circa 200 micro-brewery, cresce dunque al seguito di apripista come Teo Musso del Le Baladin di Piozzo (Cuneo) e di Agostino Arioli del Birrificio Italiano in provincia di Como, i primissimi a esportare negli Usa. Con loro nel 1996 è nato in Italia il movimento della birra artigianale, poi sfociato in Unionbirrai, associazione impegnata nel valorizzare e diffondere la cultura della birra non industriale.

Oggi i nuovi epigoni sono Riccardo Franzosi, del Montegioco (Alessandria), che fa una birra acida con le pesche Dop di Volpedo, Daniele Meinero del birrificio Troll di Vernante (Cuneo) che punta sulla Shangrilà aromatizzata con le spezie coltivate alle pendici dell’Himalaya, Gabriele Orsenigo del Birrificio di Como che usa la ruta, solitamente impiegata per la grappa. E Renzo Losi del Torrichiara (Parma) che con la sua Panil barriquée Sour, rifermentata in botti da bordeaux, è arrivato al 26esimo posto nella classifica statunitense delle migliori birre del mondo (“The best beers in the world overall”, su
www.ratebeer.com).
Varietà e qualità degli ingredienti, affiancati a un packaging prezioso e ricercato, fanno delle birre artigianali italiane un prodotto che, staccandosi dall’industriale, conferma anche in questo settore lo stile del made in Italy, innovativo e raffinato.
E dopo il tour americano, le birre italiane si sfideranno a Milano dal 17 al 19 novembre in un concorso promosso da Unionbirrai per la fascia di migliore dell’anno. Tra i giurati, personalità di spicco legate al mondo birrario come l’americano David Anderson, il canadese Stephen Beaumont, i belgi Carl Kins e Joris Pattyn, e gli italiani Tullio Zangrando, Antonio Cesaro e Luca Giaccone.

Fonte Eleonora Cozzella su Kataweb.it

Novembre 2006

Ultimo Aggiornamento: 04/01/2016 11.16

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