Notizia © 2002 - 2014 - Tutti i diritti sono riservati, è vietato copiare senza autorizzazione queste pagine. |
«Le donne sanno guidare, quello spot della birra Peroni ci offende» Non hanno sorriso neanche un po’, nemmeno per compiacere mariti e fidanzati che si davano di gomito. Poi hanno scoperto che decine e decine di donne erano imbufalite come loro, e lo scrivevano sui forum internettiani: «Lo spot della Peroni è offensivo». La scena della ragazza dell’Ottocento che non riesce a parcheggiare la carrozza e che non ci riesce nemmeno ai giorni nostri con l’utilitaria, perchè ”certe cose, per fortuna, non cambiano mai”, le ha fatte uscire dai gangheri. (*) Alla fine si sono riunite in un gruppo, hanno scoperto che in comune avevano tutte una cultura giuridica e hanno fatto quello che sentivano: una causa civile. La portabandiera di questa azione giudiziaria per difendere l’immagine della donna al volante si chiama Laura Vasselli, nella vita privata è mamma e moglie attentissima, ma in quella professionale è avvocato civilista, esperta in diritto matrimoniale e specializzata in campi come le adozioni e la tutela dei minori. E’ lei che ha depositato la citazione contro la Birra Peroni Spa, a nome suo e di un gruppo di amiche altrettanto indispettite dallo spot: «All’inizio abbiamo provato un fastidio enorme a vedere quella pubblicità - dice oggi la Vasselli - ma non pensavamo di fare nulla. Poi una di noi si è accorta che a questo argomento erano dedicati moltissimi forum di discussione aperti su internet, se ne parlava sui blog. Allora abbiamo raccolto una sorta di rassegna stampa con questa documentazione e abbiamo deciso di cominciare una causa pilota». Tutte, più o meno, hanno la stessa preoccupazione: «Se i nostri bambini continuano a vedere quella pubblicità, alla fine non si fideranno nemmeno a salire in macchina quando li accompagniamo a scuola», c’è scritto nel ricorso. Insomma, secondo le agguerrite signore si tratterebbe di pubblicità ingannevole, perchè, regolamenti alla mano, «è considerata ingannevole la pubblicità che può minacciare la loro sicurezza o che abusi della loro naturale credulità o mancanza di esperienza», con riferimento agli spettatori, s’intende. E poi ci sono le statistiche, rigorosamente a favore del gentil sesso: spiega il ricorso che «nel settore dell'infortunistica stradale, si rileva che le donne hanno una minore sinistrosità percentuale rispetto agli uomini; la loro frequenza sinistri è, infatti, dell'8% rispetto al 9% per cento degli uomini i quali, comunque, provocano mediamente, incidenti molto più gravi». Corrado Calabrò, presidente dell’Autority delle Telecomunicazioni, sorride e difende le signore: «Per quello che ne so, guidano benissimo. Tuttavia non credo che lo spot di cui si parla sarà oggetto di un controllo da parte del nostro organismo, almeno dal punto di vista della pubblicità ingannevole. Qui, al massimo, di ingannevole può esserci lo scenario, il contesto dello spot, ma certamente non in riferimento al prodotto pubblicizzato». Alla fine l’ultima parola la dirà il giudice di Pace di Roma, Salusti, il prossimo 29 novembre: le signore hanno chiesto un risarcimento simbolico di duemila euro, si accontentano di avere la certificazione giuridica di ”buone parcheggiatrici”. Fonte Il Messaggero Settembre 2006 |
Ultimo Aggiornamento: 04/01/2016 11.16 |
© 2002 - 2016 Tutti i diritti sono riservati. I marchi registrati appartengono ai rispettivi proprietari