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La birra dei Faraoni


 

 

Nel 3100 a.C. era già citata nei testi sacri dell’impero egiziano e nei consumi popolari veniva subito dopo l’acqua del Nilo.
Nell’antico Egitto la produzione di birra era importantissima, tanto che la bevanda era presente per tutto l’arco della vita di un egiziano, dalla nascita alla morte; i lattanti venivano svezzati con una miscela a base di “zithum” (birra chiara), acqua, miele e farina d’orzo; i più grandicelli venivano avvicinati al consumo della bionda bevanda regalando loro, con un’apposita cerimonia, una piccola anfora, che costituiva la dose quotidiana di birra, la stessa che sarà poi posta nel sarcofago alla loro morte.
Oltre alla zithum vi erano altri due tipi di birra: la “curmy”, di colorazione più scura, e la “sà”, birra riservata all’esclusivo consumo del Faraone e alle cerimonie religiose, che poteva raggiungere i dodici gradi alcolici! Per l’ aromatizzazione si ricorreva al miele di datteri e alla cannella, non disdegnando anche la salvia e il rosmarino.
Il Faraone Ramsete III (1300 a.C.) si vantava di aver donato durante tutta la sua vita 463 mila vasi di birra alla potentissima divinità Ishtar, la dea della fertilità e dell’amore nonché protettrice degli eserciti e dei naviganti; in suo onore venne eretto il tempio di Medinet-Habu, dove il consumo giornaliero dei sacerdoti e dei fedeli era di ben 144 otri di birra!
Ciò testimonia ulteriormente la sacralità di questa bevanda, che era usata anche in guerra: narrano le antiche cronache che il generale Zhutu, alto ufficiale del Faraone Tutmosi III, per conquistare la fortezza fenicia di Yoppo ricorse allo stratagemma di ubriacare la guarnigione nemica, abbandonando fuori dalle mura un grosso quantitativo di otri di birra.
Non sempre però la birra è associata a imprese militari o cerimonie religiose. Recita una dolcissima canzone d’amore: “…quando ti bacio sulle labbra dischiuse sono felice anche senza zithum…”.  La cara vecchia birra, ancora così attuale.

Stefano Giraldi

 

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